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Anarchy in the UK: la rivolta contro la Poll Tax

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Dal rifiuto di pagare alla lotta congiunta

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Nel Regno Unito, trent’anni fa questa settimana, un vasto movimento contro l’odiata Poll Tax raggiunse il picco con un’imponente rivolta che distrusse vaste aree del centro di Londra e fece cadere il Governo conservatore dei Tory di Margaret Thatcher. Con quella tassa, la Thatcher aveva tentato di imporre su chiunque un’imposta ad aliquota fissa, a prescindere dalle risorse o dalla capacità di pagare. In risposta, tutti i cittadini del Regno Unito organizzarono campagne di solidarietà per sostenersi a vicenda nel non pagare le tasse, per difendersi dalle repressioni statali e per attaccare le autorità responsabili dell’imposta. Ciò dimostra l’enorme potenziale trasformativo delle campagne di mancato pagamento per catalizzare la resistenza, illustrando inoltre i rischi per quei Governi che si spingono troppo oltre il proprio potere.

Including photography by David Hoffman.

Oggi, mentre le persone negli Stati Uniti, in Catalogna e in altre parti del mondo organizzano uno sciopero degli affitti in risposta agli sforzi del Governo per costringere gli affittuari e i poveri a sostenere il pesante impatto economico della crisi finanziaria causata dall’epidemia di COVID-19, possiamo tornare indietro nel tempo e analizzare altri movimenti per il mancato pagamento della storia. Anche se affrontiamo nuove sfide, possiamo imparare molto dalle strategie delle generazioni precedenti e trarre ispirazione dalle loro vittorie.

È interessante notare che, all’inizio, le organizzazioni di sinistra e quelle sindacali più affermate si opposero al movimento contro il pagamento della Poll Tax. Per motivi strutturali, tali organizzazioni rappresentano spesso la parte più conservatrice dei movimenti sociali. Come i politici di sinistra, non iniziano né conducono lotte; più spesso, nonostante le proprie idee, vengono trainate dal radicalismo e dal coraggio di chi sta alla base, la cui iniziativa le costringe a sbattersi per mantenere il proprio ruolo. Questa è la stessa dinamica di oggi.

A Londra, al culmine delle manifestazioni, i dimostranti incendiarono l’Ambasciata del Sudafrica in segno di solidarietà nei confronti di coloro che lottavano contro il sistema dell’Apartheid. Anche gli imponenti scioperi dell’affitto di Soweto furono una parte essenziale della lotta contro la segregazione razziale. Nell’arco di un anno dalle rivolte di Londra, il Governo razzista bianco sudafricano ammise di essere stato sconfitto.

Da allora, le tensioni e le contraddizioni interne al capitalismo globale sono diventate solo più forti. Ma niente dura per sempre.


Il seguente testo, originariamente pubblicato nel 2008 su n° 6 di Rolling Thunder; è adattato da materiale di prima mano dei partecipanti alla resistenza alla Poll Tax. Qui puoi leggere una selezione delle comunicazioni della Polizia effettuate durante la manifestazione svoltasi a Londra il 31 marzo 1990.


Marzo 1990, che mese! In tutto il Paese, ogni sera in TV, ogni mattina sui quotidiani, tutto il giorno conversazioni per la strada, Poll Tax, Poll Tax, Poll Tax. Due anni di duro e continuo lavoro contro le tasse in Scozia, un anno in ogni altro luogo e, finalmente, sembrava che ci stessimo muovendo. Proteste a Bristol, Brixton, Shepton Mallet, Leeds, Hackney… Odio roboante contro la tassa, ogni azione sempre più arrabbiata e più feroce della precedente. L’entusiasmo era palpabile - cosa sarebbe successo dopo?

Sembrava che la manifestazione del 31 marzo sarebbe stata il crescendo, il finale di tutto ciò che era accaduto prima: era l’inizio della lunga battaglia a venire, avrebbe mostrato al Governo e ai Comuni quale lotta si trovassero a dover affrontare - questa era quella in cui tutti sarebbero stati insieme al centro del “potere,” questa sarebbe stata LA lotta… e così fu.

La campagna

Alla fine degli anni Ottanta, il Governo Tory di Margaret Thatcher, che era già riuscito a imporre diverse dure batoste ai lavoratori e agli inglesi poveri, tentò di applicare una nuova imposta ad aliquota fissa. Ufficialmente, la tassa fu chiamata “Community Charge” (imposta locale pro capite), un esempio di linguaggio ambiguo orwelliano se mai ne è esistito uno; ma in tutto il Regno Unito fu soprannominata Poll Tax, in riferimento a una tassa estremamente impopolare che aveva scatenato una rivolta dei contadini nel 1381. Poiché quest’imposta richiedeva gli stessi versamenti da tutti a prescindere dal reddito, parecchie persone non potevano permettersi di pagarla e, fin dall’inizio, in parecchi vi si opposero.

Buona parte del Partito Laburista, l’equivalente britannico del Partito Democratico americano, sostenne solo a parole quest’opposizione, continuando comunque a insistere sul fatto che i cittadini avrebbero dovuto pagare. La loro motivazione fu così riassunta da uno dei suoi rappresentanti: “Questo è un Partito che aspira a essere al Governo… Io non credo che un tale Partito possa permettersi un’amnesia dissociativa quando si tratta di ordinamento giuridico.” Altri argomentarono contro una campagna di mancato pagamento ricorrendo a motivazioni marxiste ortodosse.

Per esempio, un opuscolo del Partito Socialista dei Lavoratori recitava:

L’organizzazione comunitaria è in netto contrasto con il potere dei lavoratori organizzati sul posto di lavoro. La politica comunitaria distoglie le persone dai mezzi per vincere, dalla necessità di mobilitare attività della classe operaia su base collettiva. E ponendo l’accento sulla volontà dell’individuo di resistere, le difficoltà e le sconfitte saranno responsabilità dell’individuo stesso… Il più grande pericolo per i socialisti è quello di sostituire il mancato pagamento individuale organizzato attraverso campagne comunitarie con azioni della classe operaia di massa.

Questa retorica sembrerà fin troppo familiare agli anarchici che più recentemente sono stati vittime di argomentazioni contro coloro che si organizzano all’interno delle proprie comunità nel modo che ritengono più opportuno, anziché secondo i dettami di un’avanguardia assetata di potere.

Nonostante il rifiuto di sostenere il mancato pagamento da parte della maggior parte delle organizzazioni più consolidate, sindacati Anti-Poll Tax di base sorsero in ogni dove per incoraggiare e facilitare questa forma di resistenza. Con sede in circoli informali di amici e vicini, questi gruppi presero rapidamente piede e iniziarono a coordinare le proprie azioni a livello nazionale. Un gruppo medio avrebbe affisso manifesti in ogni angolo del quartiere, allestito banchetti di opuscoli per strada, sarebbe andato di porta in porta diffondendo informazioni, avrebbe organizzato incontri settimanali e altri eventi fissi. In molti inaugurarono uffici con orari d’apertura e istituirono hotline telefoniche per fornire supporto a coloro che non avrebbero potuto pagare o che non lo avrebbero fatto.

Questa campagna attirò l’attenzione sull’enorme numero di persone che non erano disposte a corrispondere le imposte, fatto che, a sua volta, rafforzò il coraggio e la risolutezza dei non pagatori. Gli attivisti Anti-Poll Tax diffusero petizioni per impegnarsi a non pagare, bruciarono pubblicamente moduli per le tasse e attaccarono gli uffici locali che ne accettavano il pagamento. Gli agenti elettorali che tentavano di consegnare i moduli furono anche minacciati o aggrediti. Altri attivisti paralizzarono l’apparato giudiziario attraverso tattiche dilatorie e, quando i non pagatori furono portati in giudizio, i sindacati locali fornirono supporto legale e volontari perché fossero accompagnati durante l’iter.

In alcuni casi, ufficiali giudiziari furono inviati a requisire le proprietà di chi non aveva pagato; gli attivisti diffusero informazioni sui limiti dei diritti legali degli ufficiali e, in molti casi, mobilitarono moltitudini di gente per difendere le case dalle loro incursioni. Catene telefoniche furono spesso utilizzate per radunare tempestivamente una folla nelle abitazioni dove era attesi gli ufficiali; le case di qualcuno di questi furono attaccate da folle inferocite.

Come risultato, molti Comuni non furono in grado di reclutare il personale per rendere effettiva la nuova imposta, mentre i sindacati Anti-Poll Tax reclutarono un numero sempre maggiore di volontari. Alla fine, oltre diciassette milioni di persone si rifiutarono di pagare - praticamente un quarto della popolazione!

Tutta quest’attività locale fu integrata da una serie di proteste sempre più aggressive. Le città della Gran Bretagna intera manifestarono localmente. All’inizio del marzo 1990, cinquemila persone si riunirono a Bristol per una dimostrazione, e quando la polizia tentò di arrestare qualcuno di loro, la folla li liberò, prendendo a calci (e lasciando privo di sensi) un agente e tirandone fuori altri sei dalla camionetta in cui si trovavano. Il giorno successivo, a Londra, durante una manifestazione cui affluì lo stesso numero di persone, gli scioperanti tentarono di irrompere nel Municipio mentre si stava svolgendo la seduta del Consiglio. La polizia li caricò e nella rivolta che ne seguì, furono distrutte cinquanta vetrine di negozi appartenenti a multinazionali.

Il palco era ora pronto per la manifestazione nazionale che fu convocata per il 31 marzo. Ci furono dei dissidi riguardo a cosa ci si sarebbe potuti attendere: Militant, l’ala sinistra del Partito Laburista, che aveva tentato di ostacolare e cooptare l’organizzazione radicale fin dall’inizio della campagna, inizialmente si aspettava solo 20.000 persone. Questa clamorosa sottostima fu il risultato della totale mancanza di contatto con la base del movimento Anti-Poll Tax. Avevano disposto che la marcia terminasse in una manifestazione a Trafalgar Square ma, solo tre giorni prima dell’evento, si resero conto che la folla avrebbe probabilmente superato la capacità di 60.000 persone della piazza. Richiesero allora il permesso di dirottarla verso Hyde Park, ma la Polizia si rifiutò di concederlo.

La rivolta che ne seguì fu la più imponente della storia britannica recente e, insieme alla campagna di mancato pagamento, ebbe profonde ripercussioni su tutta la società inglese.

La rivolta

Nei giorni precedenti la manifestazione, due marce di allevatori seguirono le orme dei due eserciti della rivolta dei contadini del 1381. Il 31 marzo arrivarono a Kennington Park, nella parte meridionale di Londra, a sud del Tamigi; a partire da mezzogiorno, a loro si unirono tra le 180.000 e le 250.000 persone.

Il corteo partì da Kennington Park alle 13.30 e iniziò a muoversi più velocemente del previsto perché gli anarchici aprirono le porte principali del parco in modo che la gente non fosse costretta a passare attraverso quelle laterali più piccole. Ciò significò che la sfilata si riversò su entrambi i lati della strada e lì rimase nonostante gli sforzi della polizia e del servizio d’ordine.

Un’ora dopo, Trafalgar Square aveva raggiunto la massima capienza. Impossibilitata a muoversi ulteriormente, quest’imponente corte rallentò e, alla fine, si fermò a Whitehall. La polizia, temendo che la gente si riversasse verso le nuove porte di sicurezza di Downing Street, bloccò la parte superiore e inferiore di Whitehall. Nel blocco della marcia che si fermò di fronte a Downing Street vi erano parecchi anarchici e un gruppo chiamato Bikers Against The Poll Tax, tutti infuriati per i numerosi arresti in cui la polizia era andata giù con la mano pesante, tra i quali uno ai danni di un uomo sulla sedia a rotelle. Nel frattempo, la coda del corteo era stata deviata in Parliament Square, verso la fine di Whitehall. Un enorme striscione di Class War apriva questa parte deviata e non sorvegliata. La guidarono fino all’Embankment per alcune centinaia di metri per poi svoltare su Richmond Terrace, dirigendosi verso Whitehall, proprio di fronte all’ingresso di Downing Street.

La polizia antisommossa a cavallo caricò la folla, apparentemente per svuotare Whitehall - nonostante sia la ritirata sia l’avanzata fossero bloccate da ulteriori cordoni di polizia. Questo blocco riuscì a resistere e, alla fine, si fece strada in Trafalgar Square.

La polizia antisommossa a cavallo mentre intenta a caricare la folla. Foto di David Hoffman.

La squadra antisommossa a cavallo caricò poi la folla accalcatasi in Trafalgar Square. Poco dopo, quattro camionette di celerini si diressero quelli che si erano radunati al di fuori dell’Ambasciata del Sudafrica, cercando, apparentemente di aprirsi un varco per Whitehall, dove i poliziotti si stavano raggruppando ancora. La folla attaccò le camionette con bastoni, tubi e altro per rallentare la loro avanzata e proteggere le vite di tutti quelli che si trovavano sul loro cammino.

La polizia chiuse quindi tutte le principali stazioni della metropolitana della zona e sigillò le uscite meridionali di Trafalgar Square, rendendo difficile la dispersione. Gli autobus erano stati parcheggiati su lato meridionale del fiume, cosicché in molti cercarono di dirigersi verso sud. Gruppi di persone, presumibilmente minatori di carbone disoccupati, si arrampicarono sulle impalcature e gettarono detriti sugli agenti sottostanti. Dopo aver dato fuoco ai prefabbricati degli operai sotto l’impalcatura, fu la volta di una sala dell’Ambasciata del Sudafrica dall’altra parte della piazza. Il fumo dei due incendi avvolse la zona in una coltre di oscurità.

Alla fine, la polizia aprì le uscite meridionali di Trafalgar Square e costrinse la gente a uscire lentamente. Buona parte della folla fu fatta riconvergere verso Northumberland Avenue e, alla fine, potè tornare verso il Tamigi per dirigersi agli autobus. Altri due blocchi furono spinti a nord, nel West End, dove iniziarono a sfasciare e saccheggiare. La polizia ordinò la chiusura di tutti i pub della zona; insieme ad attacchi, apparentemente casuali, perpetrati dai poliziotti su clienti, astanti e turisti, questo accrebbe le tensioni facendo riversare nelle strade folle di ubriachi contrariati.

I tafferugli tra rivoltosi e polizia continuarono fino alle tre del mattino. I manifestanti selezionarono accuratamente i propri obiettivi: attaccarono The Body Shop, McDonalds, Barclays Bank, Tie Rack, Armani, Ratners, National Westminster Bank e Liberty’s, nonché le banche, il nightclub Stringfellow e showroom di automobili. Auto costose come Porsche e Jaguar furono ribaltate e date alle fiamme, mentre altri potenziali obiettivi - come pub, piccoli negozi, auto più vecchie e gli uffici della compagnia aerea irlandese Aer Lingus – furono risparmiati.

Le conseguenze

La rivolta si lasciò alle spalle quarantacinque poliziotti feriti e almeno dieci volte tanto di civili. Trecentoquarantuno persone furono arrestate durante la guerriglia, e altre centocinquanta nel corso di un’inchiesta della polizia che vide anche raid mattutini presso le case di attivisti locali Anti-Poll Tax e la pubblicazione delle foto dei sospettati sulle testate giornalistiche.

Non solo il governo Thatcher, ma anche la Polizia, i principali sindacati e il Partito Laburista incolparono gli “estremisti” di aver fomentato la rivolta, sperando così di screditare il movimento a favore del mancato pagamento. Ma l’adesione ai sindacati Anti-Poll Tax triplicò nelle settimane successive alla rivolta; questa non aveva alienato il pubblico, ma aveva invece catalizzato la rivolta e scosso il potere alle sue fondamenta.

Per gestire la ricaduta legale della sommossa, fu istituita la Trafalgar Square Defendants’ Campaign (Campagna per gli imputati di Trafalgar Square): un gruppo indipendente, guidato dagli imputati, impegnato sia nel fornire supporto incondizionato a tutti gli accusati e sia nel fornire un supporto legale generale a tutti coloro che erano coinvolti nella resistenza alla Poll Tax. L’organizzazione di copertura attraverso la quale Militant tentò di controllare il movimento Anti-Poll Tax, aveva inizialmente condannato la rivolta cercando anche di lavarsi le mani degli arrestati. Ora tentò tardivamente di costituire un proprio gruppo rivale ma, alla fine, fu costretta ad ammettere la sconfitta e a sostenere la Trafalgar Square Defendants’ Campaign.

La Campaign fu misteriosamente in grado di acquisire più di cinquanta ore di filmati della Polizia in cui era stata ripresa la guerriglia. Questi contribuirono alle assoluzioni di un gran numero d’imputati, poiché dimostrarono che la Polizia aveva fabbricato e gonfiato molte accuse. L’ottobre successivo, la Campaign organizzò anche una manifestazione di solidarietà e una marcia, che fu ancora duramente attaccata dalla polizia. Questa volta, tuttavia, la rete di supporto legale fu organizzata abbastanza bene, al punto da riuscire a costruire un’immagine orrenda delle autorità. In concomitanza con i processi a carico dei dimostranti del 31 marzo, ciò diede adito a seri dubbi, condivisi da tutti, sui metodi della Polizia introdotti nel decennio precedente.

Margaret Thatcher rassegnò le dimissioni da Primo Ministro entro la fine dell’anno; nel suo primo discorso parlamentare come Primo Ministro, il suo successore John Major annunciò che la Poll Tax sarebbe stata abolita. La caduta della Thatcher è in gran parte riconducibile alla debacle legata al tentativo di introdurre quell’imposta.

La ribellione contro la Poll Tax mise in discussione anche la legittimità dell’ala sinistra britannica. Quasi tutti i suoi partiti e organizzazioni si erano opposti a una campagna di mancato pagamento eppure fu proprio tale campagna a sconfiggere quell’imposta e i politici che l’avevano istituita. Appena quattro mesi dopo la caduta del muro di Berlino, la rivolta della Poll Tax offrì un’immagine vivida di quale fosse un’attività politica efficace, in contrasto all’incompetenza e all’ostruzionismo della Sinistra.

La morale della storia

Per quelli di noi che si sono fatti le ossa durante l’ondata di attività anticapitaliste che raggiunsero il loro apice in seguito alle proteste dell’OMC a Seattle, la lotta contro la Poll Tax è una delle storie di successo della precedente generazione di anarchici. L’organizzazione non gerarchica e informale del movimento Anti-Poll Tax prefigurò le nostre strutture organizzative.1 Le immagini di persone che combattono la Polizia e distruggono le proprietà delle multinazionali sono penetrate nel nostro subconscio come le copertine dei dischi punk rock, i poster anarchici e i filmati del telegiornali, anche se non conoscevano la storia che stava dietro di loro. Hanno preso forma ancora una volta quando abbiamo combattuto contro la polizia presso il FTAA ministeriale a Quebec City e abbiamo spaccato le vetrine delle multinazionali e le stazioni di polizia dopo l’Insediamento del Presidente del 2005.

Vi sono alcune differenze sostanziali tra il cosiddetto movimento No Global negli Stati Uniti e quello Anti-Poll Tax in Gran Bretagna. A suo favore, c’è da dire che quello Anti-Poll Tax si estese in tutto il Regno Unito in modo molto più diffuso di quanto non accadde negli Stati Uniti con i No Global, con ogni probabilità perché era immediatamente rilevante per le esigenze della maggior parte della popolazione. È interessante notare quanto il suo obiettivo centrale fosse una scelta di vita - il mancato pagamento, essenzialmente una forma di “abbandono” - in grado di trascendere ogni forma di sottocultura. Il nucleo radicale del movimento No Global, al contrario, nel complesso non è riuscito a superare le espressioni astratte di solidarietà con le lotte in altre parti del mondo per fornire modi concreti alle persone negli Stati Uniti di risolvere i problemi della propria vita. Quando gli attivisti No Global tentarono di farlo, fu spesso cercando di aiutare gli altri secondo il modello di beneficenza, non trovando una causa comune con gli altri su un piano paritario. Per trarre profitto dall’esempio della rivolta contro la Poll Tax, i radicali negli Stati Uniti devono dimostrare e pubblicizzare strategie efficaci per l’auto-liberazione e creare infrastrutture come i Sindacati Anti-Poll Tax che consentano a un gran numero di persone di farne uso.

D’altro canto, a differenza dei No Global, il movimento Anti-Poll Tax fu essenzialmente una campagna monotematica, e tali campagne hanno limiti intrinseci. Sebbene possano mobilitare un numero ingente di persone, spesso non riescono a connettere i partecipanti oltre l’argomento specifico in questione o ad affrontare altre forme d’ingiustizia; allo stesso modo, forniscono pochi punti di partenza per una lotta o per una prospettiva più ampia e tendono a sottoscrivere progetti rivoluzionari più vasti a proprio uso e consumo. Contrariamente alla maggior parte delle campagne specifiche, quella Anti-Poll Tax affrontò un problema che riguardava quasi tutti e che, pertanto, era l’ideale per costruire un movimento di massa a livello nazionale; ma una volta che la tassa fu abolita, anche il movimento che vi si stava opponendo passò, e l’entusiasmo che l’aveva fatto nascere fu solo parzialmente recuperato dai movimenti successivi. È importante raggiungere obiettivi concreti; in caso contrario, non riusciremo mai a far appassionare alla rivoluzione. Ma lottando per far ciò, non dovremmo sopprimere o rimandare il più grande progetto di costruzione delle comunità e della coscienza necessarie per andare oltre le semplici azioni difensive frammentarie e arrivare a un assalto su vasta scala nei confronti della gerarchia stessa.


Appendice: due testimonianze

Quel che segue è un estratto del pamphlet “Poll Tax Riot” (Rivolta contro la Poll Tax) dell’ACAB Press, dove potrai leggere parecchie altre testimonianze. Per ulteriori approfondimenti, inizia con l’eccellente Poll Tax Rebellion (La Ribellione contro la Poll Tax) di Danny Burns, un resoconto intelligente e accurato della campagna; altro materiale di prima mano dell’epoca include il primo numero della newsletter Subversion.

Ho chiamato una babysitter

Era solo la seconda manifestazione a cui ero stato e non sapevo davvero cosa aspettarmi, ma decisi che non me la sarei persa, così chiamai una babysitter per il fine settimana e presi un treno per Londra. Al mio arrivo, Kennington Park sembrava un luna park. Gruppi che suonavano, il sole caldo, migliaia di persone in piazza per dimostrare di essere unite contro la Poll Tax. Sembrava che sarebbe stata proprio una bella giornata!

Il sound di un gruppo di batteristi mi attirò come una falena lo è dalla luce - un bastoncino e una vecchia lattina di birra accartocciata per tenere il ritmo e via. Era un’esperienza gioiosa, ballare e urlare per le strade praticamente fino a Trafalgar Square. Quando raggiungemmo la zona di Parliament verso la fine di Whitehall, un cordone di poliziotti aveva bloccato la strada e la folla fu dirottata verso l’Embankment. Potevamo vedere oltre i cordoni degli agenti a cavallo, minacciosamente fermi e in attesa. Fu allora che sentii le prime fitte di paura e rabbia. Ricordo di aver pensato che avevano dei piani orribili in serbo per noi, inziai ad avere visioni di noi che diventavamo carne da macello. I poliziotti schierati sembravano incredibilmente piendi di sé.

Continuai ad avanzare insieme alla folla, marciando lungo Northumberland Avenue, sempre più eccitato e teso fino a quando la band si fermò nel momento in cui entrammo in Trafalgar Square. L’energia divenne bellicosa, sembrava che il battito della batteria e gli slogan stessero diventando sempre più rumorosi e la folla sempre più compatta mentre altre migliaia di persone si riversavano in Northumberland Avenue. Mi feci strada fino all’incrocio di Whitehall, dove fu chiaro che qualcosa era già iniziato. Un uomo stava tornando a combattere tra la folla – il panico mi paralizzò quando lo sentii urlare “Portate via i bambini, stanno per caricare.” Nella mia mente passarono le immagini delle madri con i bambini, degli anziani, dei disabili che avevo visto marciare insieme me. Erano tutti qui in piazza, i bastardi ci avrebbero caricati e non c’era via d’uscita! Un bagno di sangue! Panico allo stato puro.

Mi feci strada fino all’incrocio con lo Strand, urlando per avvertire i più vulnerabili di andarsene. C’era un altro cordone di agenti in St. Martins Lane e l’unica via di fuga era attraverso lo Strand. Mentre guardavo lungo la strada, vidi una camionetta della polizia accelerare verso di noi. Mi tolsi dalla strada e, inorridito, la guardai accellelare verso la folla per frenare bruscamente mentre un corpo volò inaspettatamente in aria dopo l’impatto, per poi schiantarsi sul ciglio della strada. Questo era troppo! La mia rabbia esplose e corsi verso il furgone urlando e gridando a squarciagola e aprendo la portiera dal lato del guidatore mentre l’agente terrorizzata al suo interno apriva lo sportello. Sputai, colpii i finestrini, pensai ai vetri rotti, non volevo tagliarmi le mani, cercai qualcosa da lanciare, qualcosa con cui colpire.

“C’era un altro cordone di polizia lungo St. Martins Lane…”

Stava succedendo tutto contemporaneamente, l’uomo in strada con la gente china su di lui, persone che piangevano, io che urlavo, sputando, furioso sulla polizia. Una donna cullava dolcemente il suo bambino, ritmicamente, in modo protettivo mentre si faceva largo per allontanarsi dalla violenza. Urlai a un’agente di far passare la mamma e suo figlio, rendendomi conto che era la stessa poliziotta alla quale avevo appena urlato e sputato quando il furgone aveva colpito la sua vittima. Scacciai la paura mentre accompagnavo la donna al cordone, fermandomi abbastanza a lungo da vedere che era riuscita a mettersi in salvo, per poi tornare di corsa verso la camionetta, ringraziando il cielo che non mi avessero preso.

Ero frustrato perché non riuscivo a trovare qualcosa con cui rompere i finestrini del furgone; ho tirato qualcosa dal lato di un edificio, non si sarebbe sciolto. I cavi collegati, una luce di qualche tipo, lascialo! Mani che colpiscono ancora il finestrino, piedi che scalciano, non abbastanza persone! Le cose vengono gettate, abbiamo bisogno di più persone, merda perché questo cazzo di vetro non si rompe! Pausa di un minuto, voglio un bel mattone duro. Niente in giro. Sul marciapiede vedo una donna singhiozzare disperatamente di un pianto incontrollato. Dovevo toglierla dalla folla, sarebbe stata calpestata. Mi ricordai che anch’io, una volta, mi ero ritrovato in una situazione simile, sulla metropolitana, e che casa mia mi era sembrata lontana mille miglia. Riuscii a farla mettere in piedi; altre persone che erano con lei presero il controllo della situazione e la guidarono lungo il ciglio della strada affollata, facendola allontanare dalla battaglia.

Ora ero in fondo alla fiumana di gente e non potevo tornare vicino alla camionetta. Mi feci largo. Gli agenti a cavallo avevano già caricato e ora la polizia aveva un certo controllo e stava facendo spostare le persone da Trafalgar Square lungo lo Strand, dicendo a tutti “Andate a casa, andate a casa.” Un ragazzo nero, di circa dodici o tredici anni, urlò di rimando “Amico, non abbiamo case dove andare!” Nemmeno io volevo tornare a casa. Riuscii a infilarmi in una stradina laterale e di nuovo su Northumberland Avenue. Ancora alle spalle della folla, una folla vibrante di energia. L’elettricità era nell’aria mentre i poliziotti antisommossa caricavano chi si trovava davanti e tutta la gente riprendeva a sciamare in preda al panico per poi ricompattarsi. Ero terrorizzato all’idea di essere calpestato e mi diressi verso il lato della strada, dove la ressa era meno intensa quando le persone iniziarono a correre in preda al panico.

Poco dopo ero ancora contro il muro e i poliziotti antisommossa stavano caricando proprio noi. Non potevo andare da nessuna parte ed ero terrorizzato quando arrivarono a pochi metri, manganelli sollevati, nei loro occhi sguardi eccitati e folli. Un attimo dopo se ne andarono, scomparendo dalla mia vista mentre la folla si fermava e sobbalzava ancora in avanti. Quella fu la prima volta che vidi la squadra antisommossa in azione e mi resi conto di quanto fossi spaventato. Nessuna domanda prima che il manganello si abbattesse sulle nostre teste. Iniziai a cercare oggetti da far tirare ai più alti, perché potevano vedere dove miravano e i loro erano colpi migliori.

Un altro scatto della folla, una corsa inconsulta. Qualcuno mi afferrò da dietro. Mi girai. “Va tutto bene, sono solo io.” Un amico, grazie a Dio. Ci teniamo per mano. “Non correre, è quello che vogliono.” Sto correndo perché non voglio essere calpestato. Ci distacchiamo dalla folla per un attimo di respiro, parlando in preda all’eccitazione, quindi guardiamo in fondo alla strada per vedere il fumo sprigionarsi nell’aria, qualcosa è in fiamme. La notizia si diffonde rapidamente fino a noi: “Cosa sta bruciando?” “L’Ambasciata del Sudafrica,” “L’Ambasciata del Sudafrica è andata in fiamme.” Estasi pura. La gioia sui volti delle persone mentre questa notizia inizia a circolare.

Dopo questo, tornammo su Northumberland Avenue e cercammo di sfondare i cordoni della polizia. Fui respinto e separato dagli altri; rimasi in disparte fino a quando non vidi altri amici. Decidemmo di andare a bere qualcosa perché avevamo tutti bisogno di una pausa.

Ci dirigemmo verso Covent e rimanemmo sorpresi nel vedere, mentre ordinavamo il nostro tè, centinaia di uomini che sciamavano lì intorno. E noi che pensavamo di esserci lasciati la sommossa alle spalle! “Guarda là, vetrine rotte.” Attraversammo e non potemmo a credere ai nostri occhi: l’intera strada era stata devastata. Vetro dappertutto, polizia dappertutto, le banche distrutte, i negozi distrutti. Eravamo arrivati nel bel mezzo di una frenetica ed estatica corsa alla distruzione e al saccheggio. Era la scena perfetta con cui concludere la giornata, quando la stanchezza ci travolse e ci dirigemmo verso casa per guardare il TG in TV.


“La giornata ideale per questo!”

Stavamo bighellonando per Kensington Park guardando il corteo passare. Dopo aver visto sfilare qualche migliaio di persone vediamo alcuni amici e li raggiungiamo. Discorsi entusiasti: “Hai visto il percorso?”

“Sì. Passa per Downing Street!”

“La giornata ideale per questo!”

Stiamo marciando da cinque minuti quando sentiamo un forte schianto. “Le vetrine di Ladbrokes sono andate in pezzi,” dice qualcuno. Cristo, di già! penso, ma viene fuori che il suono è quello dei coni degli sbirri che sono stati ribaltati. Per circa venti minuti ogni cono viene abbattuto. Molto rumore. Esultiamo. Gli sbirri perdono il controllo e la gente marcia su entrambi i lati della strada. Un poliziotto insegue il nostro compagno che ha rovesciato un altro cono. Lo sbirro si arrende. Appena passato il ponte ferroviario di Lambeth, i poliziotti cercano di prendere una bandiera anarchica dalla marcia. Qualche collutazione. Penso che qualcuno sia stato arrestato. Non ho potuto vedere chiaramente però. Continuo a marciare.

Attraversiamo il Lambeth Bridge e andiamo verso il Parlamento. Non sta succedendo niente di che. Alcuni slogan arrabbiati. Ci riposiamo un poco sull’erba prima di Whitehall. Ci impiegammo un po’ prima di arrivare a Downing Street; la folla era fitta. Decidiamo di riposare di nuovo quando arriviamo al Ministero della Difesa [MOD] di fronte a Downing Street. Un bel po’ di verde per sedersi e vedere se succede qualcosa. Vicini alla fila di sbirri che proteggono Downing Street c’è un gruppo di circa duecento persone che urlano e, di quando in quando, lanciano lattine e pezzi di cartelloni. Questo dura circa trenta minuti. Sempre più persone attendono vicino al MOD. Alla fine i poliziotti bloccano Whitehall e deviano la marcia. Mentre la troupe di Sky TV sta cercando di filmare i disordini, io e un mio amico rompiamo loro i coglioni urlando volgarità su Rupert Murdoch ogni volta che cercano di riprendere quello che succede. Se ne vanno affanculo a Trafalgar Square.

I disordini stanno diventando più pesanti e sempre più persone si fermano o vengono coinvolte. Arrivano alcuni poliziotti antisommossa - qualcuno a cavallo, altri in piccoli gruppi di celerini. I venti minuti successivi sono piuttosto confusi. Ci sono dei combattimenti corpo a corpo e qualche lancio di oggetti. Qualche carica della polizia. Quando arriva un enorme striscione di Class War, parte un grande applauso. Il nostro blocco viene diviso un po’ volte. I cavalli caricano la folla e ci spingono dietro il MOD. Viene immediatamente costruita una piccola barricata costruita con cassonetti della spazzatura che abbiamo trovato nel cortile. Un rotolo di filo spinato (!) viene fatto passare sulla parte superiore della barricata. Gli sbirri a cavallo non caricano più. A questo punto, l’adrenalina scorre nelle vene. Raccolgo un pezzo di muro che si trova vicino a un cassonetto e lo frantumo fino a farlo diventare più piccolo. Un poliziotto mi vede, ma non m’interessa. Le finestre del MOD iniziano a essere spaccate. È meraviglioso. Il MOD!

Il mio primo colpo centra il telaio della finestra, il secondo colpisce il muro. Oh, bene. Altre finestre vengono colpite. I miei amici si radunano e io borbotto con loro per trovare qualcosa da mangiare. Sicuri che non ci perderemo granché perché è probabile che la lotta non sia ancora giunta all’apice, ci allontaniamo. A Charing Cross Road, quando uno dei nostri va in bagno, ce lo perdiamo. Ci gettiamo nella mischia che sta avendo luogo vicino all’Ambasciata del Sudafrica. Lancio una bottiglia a una camionetta antisommossa di passaggio e la manco. Merda. Spero di avere più fortuna. Quando raggiungiamo l’ingresso dello Strand di Trafalgar Square è proprio una fottuta rivolta. Gli sbirri hanno sfondato la folla con due camionette e sono stati circondati. Persone molto coraggiose sono proprio accanto al furgone colpendo i finestrini con dei mattoni e infilando sbarre di metallo sotto le ruote per non farlo muovere. Una squadra di celerini ci carica e ci disperdiamo in tutte le direzioni. Perdo il contatto con tutti. Cammino un po’. Merda! Li ho persi.

Mi ributto nella mischia e vedo che le vetrine del negozio Army Careers sono state fatte a pezzi. Che bello. Voglio fare qualcosa adesso. Caos ovunque. Prendo un sasso e aspetto vicino a Midland Bank che la gente liberi la strada poi mi giro e lancio il sasso contro la lastra di vetro. Bang. Il sasso si frantuma e la vetrina non è stata nemmeno scalfita. Chiedo scusa a una donna che era sobbalzata per il rumore inaspettato. Mentre mi allontano, capisco che nelle prossime ore non dovrò perdere la testa. Circa un centinaio di metri lungo lo Strand c’è un folto gruppo di spettatori. Dopo che ho tirato una pietra a una camionetta, una donna mi dice: “È stato inutile.” Non discuto. Suppongo che preferirei fare quello che posso anziché stare a guardare. All’Ambasciata del Sudafrica alcune persone raccolgono una barriera di sicurezza. Ne afferro un’estremità e la spingiamo attraverso una finestra dell’Ambasciata. Grido loro portarne un’altra ma se ne vanno. Un punk mi dice “Attacca solo gli sbirri, non la proprietà”. Gli chiedo perché. “Perché lo dico io!” risponde.

A Trafalgar Square, qualcuno che riconosco mi dice che uno del gruppo è stato ferito da un sasso tirato da qualcuno che ha sbagliato mira. Mi aggiro tra la folla e lo trovo. Per fortuna non è ferito gravemente. Solo un po’ stordito e incazzato perché si perderà il resto del divertimento. Dopo aver chiacchierato per dieci minuti, vediamo il fumo nero nell’aria. Mmmhhh! Cos’è che brucia? Saluto e torno a Trafalgar Square. Cristo! I prefabbricati su Grand Buildings sono stati incendiati. Lingue di fuoco divorano la facciata di questo complesso di uffici. Mi chiedo quanto tutto stia per diventare ancora più folle. In zona non riesco ancora a vedere nessuno dei miei amici ma sulla sinistra vedo che qualcuno ha acceso le luci dell’Ambasciata del Sudafrica. Adoro chi l’ha fatto!

Passo un’ora cercando in tutta la piazza qualcuno che conosco. Devo essere passato davanti a tutti i combattimenti corpo a corpo di St. Martin’s in the Fields, senza accorgermi di ciò che stava accadendo. Vedo un’auto della polizia lasciare la sua postazione presso l’Ambasciata del Sudafrica e immediatamente un gruppo di venti persone si precipita per attaccare l’Ambasciata con bastoni e pietre. Non riesco ancora a trovare nessun amico. Lascio la zona per prendere un po’ di cibo dato che ho molta fame e sono sfinito. Non potevo tornare da Charing Cross Road alla National Gallery, quindi devo fare un giro più lungo. Alla fine, mi riposo sull’erba di fronte all’Ambasciata del Canada. Osservare le attività della polizia mentre mangio mi fa capire che gli sbirri sono come dei polli decapitati. Stanno tentando di liberare l’area ma, invece di dirottarci a sud verso il Tamigi, ci stanno spingendo nel West End. Dopo dieci minuti circa, la Polizia invia agenti a cavallo tra la folla di fronte a Pall Mall. Davvero stupido. La gente è infuriata. Qualcuno trascina barriere di metallo sulla strada per erigere delle barricate. Vengono lasciati degli spazi per permettere alle persone di passare. Trascino un’altra barriera in strada e aspetto. Qualcuno trascina tutte le barriere verso il ciglio della strada. In ogni caso, i cavalli non caricano più.

A Pall Mall, la folla si sta allontanando. Guardo gruppi di persone che escono dall’area della rivolta. Gli sbirri li stanno ancora spingendo. All’improvviso un gruppo di circa cinquecento persone spinte tutte in fondo ad Haymarket e la mia mente inizia a fare dei viaggi. Perché la polizia ci sta spingendo nel cuore del West End? Siamo a due passi dai negozi più lussuosi della capitale! Entriamo e usciamo dal traffico e raggiungiamo Piccadilly Circus. Per tutto il tempo gli slogan continuano: “No Poll Tax… No Poll Tax.” È così bello. Qualcuno fa un sit-in ma questo tipo di protesta non è quella che vuole la maggioranza. Un passo, poi un altro ed entriamo in Regent Street. È incredibile. Altri slogan, il traffico continua a scorrere. Siamo penetrati in Regent Street per trecento metri. Qualcuno dice “Un’occasione per fare un po’ di shopping.” Non conosco nessuno qui, ma scambio alcuni sorrisi con un gruppo di persone.

Smash! La prima finestra va in frantumi. Spettacolare. Gli sbirri sono dietro di noi. Ci caricano, ma questo non fa altro che darci più carica. Altre lastre di vetro vanno in pezzi. Devo fare qualcosa. Corro lungo una strada laterale fino a un cassonetto e infilo alcuni pezzi di muro in un sacchetto. Torno in Regent Street e li scarico sulla strada. Ne prendo uno per me e mi copro la faccia con il cappuccio e la sciarpa. Prendo la mira. Non posso mancarlo questa volta. Sbam! Un grande buco appare nella vetrina del negozio di lusso. Vado avanti. Fino al semaforo di Oxford Circus. Raccolgo un pezzo di selciato e lo spezzo davanti alle macchine ferme al semaforo. Non m’interessa. Mi giro e crack… lastre di vetro. Continuo a muovermi. Frugo in un cassonetto per trovarne ancora ma è pieno di plastica e legno. Un uomo scende lungo la strada e mi vede mascherato e mentre cerco freneticamente delle pietre dentro i sacchi neri. Dice qualcosa ma non riesco a capire il suo accento. Va verso Regent Street per assistere alla distruzione.

Più in là… una camionetta della polizia si dirige verso la testa della folla e passa. Si ferma, quindi inverte e si ritira. Il suono dei vetri in frantumi va avanti. A Portland Place, dopo che la BBC e il suo negozio sono andati in pezzi, corriamo verso i negozi per distruggere. Mi giro e sono stupito di come la maggior parte della persone sia scomparsa lungo le strade laterali. È come se la rivolta fosse scoppiata, avesse fatto il suo corso e poi fosse diventata invisibile con uno schiocco delle dita. Prendo una strada laterale per dirigermi di nuovo verso il West End. Anche qui una banca è stata attaccata. Mi siedo per un po’ ma mi viene un crampo alla gamba. Passano una ventina di poliziotti. Sto saltellando su una gamba cercando di farmi passare il crampo e apparire il più normale possibile. Camminano verso Regent Street. Dietro l’angolo in Goodge Street, qualcuno attacca il negozio dell’Iran Airlines con un bidone della spazzatura ma le vetrine non si rompono. Prendo la metropolitana per Charing Cross ma la Polizia ha chiuso tre stazioni e devo scendere a Tottenham Court Road. Una fermata dopo! Mentre cammino lungo Cambridge Circus, m’imbatto ancora nella rivolta. Pensavo che Regent Street fosse l’unica cosa degna di nota ma i poliziotti usano cavalli quassù. I turisti e il pubblico dei teatri sono confusi … e interessati. Mi siedo vicino a una banca totalmente distrutta e parlo con qualcuno che, come me, adora quello che sta succedendo. Sorrisi tutt’intorno. Parlo con una turista che è si persa. Le spiego della Poll Tax e della rivolta. È davvero straordinaria.

Passeggio per Charing Cross Road. Cazzo, qui stanno saccheggiando di brutto. Un sacco di negozi attaccati. In un negozio di musica, mi unisco a un gruppo di gente che sta tirando fuori degli oggetti dalla vetrina. Tiro un po’ su la serranda per vedere cos’è rimasto. Ben poco. Dove sono gli sbirri? Parlo con un ragazzo irlandese a cui un poliziotto a cavallo ha pestato un piede. Parlo un po’ di più, poi me ne vado perché sono in giro da troppo tempo e mi sembra di essere vistoso. Arrivo a Tottenham Court Road dove i poliziotti braccano le persone. Spingono la folla in Oxford Street per offrire loro nuovi negozi da distruggere e saccheggiare. Un piccolo fuoco sta bruciando all’ingresso della metropolitana. Arrivano altri agenti. È ovvio che la Polizia ha perso ogni tipo di controllo. Sono pochi e gli sbirri in servizio da stamattina devono ancora essere sostituiti. Hanno perso.

Adesso sono davvero stanco e mi fa ancora male la gamba. Scendo di nuovo su Charing Cross Road. Passo i negozi andati a puttane. Passo il negozio devastato di auto sportive TransAm. Devo prendere un treno. Torno per vedere le notizie.

Quella notte sono fuori a bere e a ballare, ma è solo pochi giorni dopo - quando nessuno che conosco è stato ancora blindato - che mi rendo conto di quanto sia stato bene. Questo dura un paio di settimane, e in quel periodo ho avuto diverse conversazioni “politiche” alle quali pensavo di aver rinunciato. Forse stanno tornando di moda

  1. Si potrebbe tracciare una discendenza diretta dagli anarchici che presero parte alla campagna Anti-Poll Tax agli attivisti del movimento inglese contro le strade degli anni seguenti, che raggiunse l’apice con il fenomeno Reclaim the Streets (Riprediamoci le strade), l’immediato predecessore dell’esplosione del movimento No Global durante le proteste di Seattle.