Negli ultimi due giorni, in risposta al brutale omicidio avvenuto a Bogotá da parte della Polizia del 43enne Javier Ordóñez, avvocato e padre di due figli, nelle strade di diverse città colombiano sono sfociati dei conflitti. Ordóñez stava tranquillamente bevendo per strada davanti all’appartamento di alcuni amici quando sono arrivati dei poliziotti e, senza essere stati provocati, l’hanno picchiato e colpito 11 volte con un taser. Quando è arrivato in ospedale, dopo un ulteriore pestaggio alla stazione di Polizia, era già morto.
Il video girato dagli amici di Ordóñez, e ampiamente condiviso sui social, ha scatenato diffuse proteste a Bogotá, Cali, Medellín, Bucaramanga, Popayán, Ibagué, Barranquilla, Neiva, Tunja e Duitama. Nella sola Bogotá, sono state danneggiate 56 sottostazioni di Polizia, chiamate CAI ( Comandos de Atención Inmediata ), la maggior parte delle quali bruciate. Sebbene i media istituzionali sostengano che la prima notte siano state uccise otto persone dalla Polizia o dai paramilitari, le immagini che circolano in Colombia giovedì ne hanno rivendicate 10, tutte identificate tranne una. Il numero dei feriti varia a seconda della fonte. The New York Times ha affermato che altre 66 avevano subito ferite da arma da fuoco la notte del 9 settembre, per un totale di oltre 400 feriti.
La Colombia ha un’intensa storia di repressione statale e paramilitare violenta, intensificatasi ancor di più durante la pandemia. Sotto l’attuale presidente Ivan Duque, ritenuto dai più una continuazione della corrotta narco-amministrazione dell’ex presidente Álvaro Uribe, il Governo colombiano non è riuscito a sostenere la sua parte degli accordi di pace con le forze di guerriglia smobilitate e gli omicidi e le sparizioni di attivisti, dissidenti e rivoluzionari sono aumentati in modo significativo.
Nel seguente report e intervista, esploriamo i retroscena e le implicazioni dell’ultimo capitolo di un’ondata globale di rivolte contro Polizia e repressione statale. Per ulteriori informazioni sulle lotte sociali in Colombia e in altre parti dell’America Latina, consultate Avispa Midia [] PASC [] , il Colombia Solidarity Accompaniment Project, che hanno entrambi contribuito alla redazione di quest’articolo.
Contesto: il Paro Nacional del 2019
Il 21 novembre 2019, ispirandosi alla rivolta cilena e alle insurrezioni in tutto il Sud America, ampie fasce della popolazione colombiana sono scese in piazza. Le proteste, che hanno spesso assunto un tono militante e sono durate circa un mese, non riguardavano una specifica rimostranza ma sono avvenute in risposta a molteplici fattori che avevano reso insopportabile la vita in questo Paese dilaniato dalla guerra. Il governo di Duque stava cercando di far passare un pacchetto impopolare di misure di austerity, gli studenti chiedevano migliori finanziamenti per l’istruzione e gli omicidi di attivisti, indigeni ed ex guerriglieri da parte dello Stato o dei paramilitari erano aumentati.
Questa mobilitazione durata un mese venne chiamata paro nacional o sciopero nazionale. Più che per la sua durata, il suo significato più profondo consisteva nel fatto che era la prima volta da decenni che si assisteva a una mobilitazione di massa così autonoma. Per anni, la resistenza militante era stata monopolizzata da gruppi di guerriglia armati specializzati come le FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia - Esercito Popolare) e l’ELN (Esercito di Liberazione Nazionale). Lo sciopero ha rappresentato il ritorno di un confronto di strada più generalizzato che si è prestato a una partecipazione molto più ampia.
Un anno di rivolta in Sud America
Il paro nacional colombiano dovrebbe essere inserito nel contesto dei movimenti che all’epoca scuotevano altri Paesi sudamericani. Mentre l’insurrezione cilena è durata più a lungo e si è estesa ulteriormente in termini di auto-organizzazione e militanza, nel 2019, Ecuador , Perù, Bolivia e Paraguay hanno assistito a proteste diffuse. In Bolivia, un conflitto complesso e molto teso ha portato a un sanguinoso colpo di stato da parte dell’ala della destra Cristiana.
Come in Colombia, c’erano diversi motivi esistenti da tempo alla base delle mobilitazioni. L’America Latina ha sofferto tassi astronomici di violenza e diseguaglianza per decenni – se non per secoli. Grazie alle politiche di austerity, il peso della recente ristagno economico è stato intenzionalmente imposto ai più emarginati.
Alla fine dell’anno scorso, gli esempi di rivolta in altri Stati sudamericani, così come quelli di Hong Kong e di altri Paesi, hanno contribuito a innescare il mese di protesta in Colombia. Le nuove tattiche rese popolari a Hong Kong e in Cile si riflettevano nell’uso efficace da parte dei ribelli colombiani della tattica del blocco degli scudi della primera linea .
I mesi di disordini in Cile, fermati solo dalla pandemia, hanno contribuito a fornire un panorama stimolante per i popoli del Sud America e di tutto il mondo. Sull’altro piatto della bilancia, l’incubo che la Bolivia ha vissuto nell’ultimo anno è un memento che fa riflettere sul fatto che i colpi di stato politici e i regimi apertamente razzisti sono più che mai una minaccia. La posta in gioco è alta, come sanno fin troppo bene i colombiani dopo anni di violenza statale e paramilitare.
Pandemia, conflitto economico e repressione
La Colombia è stata duramente colpita dalla pandemia - e anche da intense quarantene militarizzate che la maggior parte delle persone è stata costretta a violare per la disperazione economicamente indotta. In un Paese dove la maggior parte della gente si guadagna da vivere attraverso l’economia sommersa, la popolazione è stata ulteriormente criminalizzata per aver fatto ciò di cui aveva bisogno per la sopravvivenza quotidiana.
Già tumultuosa, la vita di tutti i giorni è notevolmente peggiorata. Le atrocità sono state quasi completamente ignorate. In un caso, lo Stato ha massacrato 23 prigionieri nel carcere di La Modelo per aver protestato contro le condizioni miserabili e la mancanza di precauzioni contro la pandemia.
Lo Stato e altri gruppi armati hanno utilizzato la pandemia come copertura per aumentare la repressione contro gli organizzatori e i movimenti di resistenza. Quando gli è stato chiesto della rivolta in corso, un anarchico della città di Cali ha detto: “Era in corso da un po’. I massacri avvenivano quasi ogni giorno. Non ce la facciamo più e siamo in piazza per dare il massimo.”
Parallelismi con la rivolta per George Floyd
Mentre la solidarietà internazionale con la rivolta americana contro la Polizia è stata rapida e ha raggiunto molte parti del globo, per molti versi quest’insurrezione segna il primo vero verificarsi dello stesso modello in un altro Paese. La portata e la velocità della risposta a Bogotá all’omicidio di Ordóñez hanno già eclissato quanto accaduto a Minneapolis o Kenosha. Ciò non è del tutto sorprendente in uno Stato più o meno delle dimensioni e della popolazione della California che ha visto l’assassinio di 971 attivisti, difensori dei diritti umani ed ex guerriglieri a partire dagli accordi di pace del 2016.
A quanto si dice, le proteste sono state guidate principalmente da giovani: dei nove decessi accertati dalla notte del 9 settembre, otto dei morti avevano un’età compresa tra i 17 ei 27 anni. I combattenti di strada hanno preso di mira soprattutto Polizia, stazioni di Polizia e banche ma la distruzione era abbastanza diffusa ovunque.
Resta da vedere come alcuni elementi spontanei delle proteste degli ultimi due giorni si uniranno alla militanza organizzata sviluppatasi lo scorso novembre e dicembre. Negli Stati Uniti, abbiamo visto sia gli aspetti dell’ondata iniziale delle rivolte a Minneapolis sia le forme di organizzazione “in prima linea” sviluppatesi a Portland, manifestarsi negli stessi spazi a Kenosha alla fine di agosto.
Alcuni dei linguaggi per le strade della Colombia sono simili anche a quello della rivolta scatirota dall’omicidio di George Floyd. Oltre all’ormai onnipresente ACAB, scritto ovunque, i manifestanti portavano cartelli su cui c’era scritto “la Polizia non ci protegge.” Un cartellone pubblicitario distrutto è stato ridecorato con la scritta “Niente vale più della vita.”
Purtroppo, i più importanti media colombiani stanno già diffondendo la propria versione della narrativa disonesta degli “agitatori esterni” utilizzata negli Stati Uniti a maggio e giugno con tale effetto distruttivo. Un report di RCN Noticias, un network colombiano di news, alimenta la paura relativa a gruppi di strada altamente organizzati sotto la direzione delle forze di guerriglia:
“La distruzione di 56 CAI non è stata un caso di incidenti isolati, ma una strategia articolata preparata in anticipo, in attesa di una causa scatenante. Abbiamo dettagli sui collettivi armati, sulla loro preparazione agli attacchi e sul loro reclutamento di giovani nelle scuole superiori e nelle università. Questo report… rivela l’esistenza di una serie di cellule o gruppi di quartiere dietro le proteste violente, dedite a creare caos, che seguono le indicazioni dell’ELN e dei gruppi scissionisti delle FARC.”
Dopo una spiegazione ridicolmente paranoica del significato di “ACAB,” sono passati a una dichiarazione del ministro della Difesa colombiano Carlos Holmes Trujillo: “Tutto ciò ha un’origine internazionale. Ha un’origine internazionale ed è rivolto contro la Polizia dei Paesi di tutto il mondo.”
Proprio come la sua controparte statunitense, questa falsa narrativa serve a delegittimare la protesta agli occhi della popolazione. Negli Stati Uniti, ha posto le basi affinché almeno una parte della popolazione accetti una fase ancora più brutale di repressione poliziesca. Altri giovani colombiani verranno uccisi a causa delle accuse irresponsabili e infondate di questi “giornalisti.”
Il principale azionista di RCN è il miliardario colombiano Carlos Ardila Lülle, particolarmente detestato per le sue quote nell’industria dello zucchero nel dipartimento di Cauca, dove molti indigeni Nasa sono stati assassinati per la loro resistenza all’agricoltura monocultura della canna da zucchero che ne invade i territori. La portata di Lülle si estende oltre i media e l’industria fino all’influenza politica e narco-paramilitare.
Non esiste un complotto internazionale coordinato “contro la Polizia dei Paesi di tutto il mondo.” Chi potrebbe organizzare una cosa del genere? Solo chi è molto ricco ha le risorse per pagare le persone, che altrimenti non lo farebbero, a rivoltarsi - e cercano di reprimere i movimenti per il cambiamento, non di catalizzarli. È vero il contrario: i politici e la Polizia di tutti i Governi del mondo si coordinano per imporre violentemente l’ordine mondiale capitalista a tutti noi. Non esiste un complotto segreto che organizzi la resistenza in modo cospiratorio: la situazione è diventata così terribile che le rivolte stanno scoppiando in risposta alle condizioni imposte alla gente. Se esistono dei parallelismi tra le insurrezioni in diverse parti del mondo, è semplicemente perché i mezzi di repressione sono così universali, per l’omogeneità della classe dirigente globale e le strategie impiegate da coloro che la compongono. I poliziotti, ovunque, sono in prima linea per questa repressione.
10 settembre: altre proteste
La notte del 10 settembre, le manifestazioni sono continuate a Bogotá, Cali e in altre città. Secondo un attivista dei media indipendente sul campo a Cali, l’ESMAD (Squadriglia mobile anti-sommossa), i Carabineros, la Polizia a cavallo e la Polizia militare si sono mobilitati pesantemente - dimostrazione di forza atipica, soprattutto per quanto riguarda il ricorso alla Polizia militare. Le voci sull’uso aggiuntivo di munizioni vere contro i manifestanti non sono state ancora confermate, ma ci sono foto di agenti che puntano le pistole contro la gente. Ore dopo la protesta a Cali convocata il 10 settembre, un gruppo di manifestanti è stato costretto a rifugiarsi nell’ospedale universitario, dove è stato circondato dalla Polizia per ore, reagendo coraggiosamente. Alle 21:00, almeno 32 persone erano state arrestate, anche se solo sette sono state identificate, secondo Medios Libres Cali.
A Bogotá, alle 22:30 del 10 settembre, le organizzazioni per i diritti umani avevano segnalato 138 arresti confermati. Il numero è cresciuto durante la notte. Sebbene non siano stati segnalati ulteriori omicidi perpetrati dalla Polizia, fonti che documentano gli eventi su Twitter hanno parlato di continue percosse, sparizioni e torture di manifestanti.
Sembra improbabile che i disordini si placheranno presto.
Intervista: un anarchico di Bogotá Un anarchico residente da tempo a Bogotá e membro del PASC, il Colombia Solidarity Accompaniment Project, fornisce più contesto nella seguente intervista approfondita.
— Cosa ha portato a questo?
Allora, il background che abbiamo visto aver causato la situazione nelle strade di Bogotá il 9 settembre e oggi, 10 settembre, ha a che fare con un conflitto sociale di lunga data. La pandemia ha reso più evidente la situazione già in atto in termini di povertà, esclusioni, immense periferie piene di sfollati… il conflitto armato ancora in atto, la guerra ai poveri. La guerra contro i contadini da parte dei paramilitari nelle campagne è tuttora in corso, quindi ci sono ancora ondate di migrazioni di poveri bloccati nelle periferie. Di solito, la gente sopravvive grazie all’economia sommersa… ha appena passato sei mesi venendo criminalizzata solo per essere uscita di casa a comprare del cibo. Pertanto, la gente sta letteralmente morendo di fame; negli ultimi mesi, la gente si è trovata a vivere una situazione insopportabile. E la brutalità attualmente perpetrata dalla Polizia, come in altre molte zone del mondo, è qualcosa che sconvolge la gente, soprattutto i poveri che vivono sempre la repressione – le prigioni sono piene di poveri.
Pertanto, questo ha sicuramente qualcosa a che fare con quello che è successo. Alle 4 del mattino del 9 settembre, un uomo sta bevendo una birra con alcuni amici per strada, il che è illegale… poi appare la Polizia e, secondo i suoi amici, l’uomo dice “OK, beh, datemi una multa, va bene, sto bevendo una birra per strada, volete darmi una multa, datemi una multa,” e i poliziotti hanno risposto “No, non ci sono multe oggi” e hanno iniziato a picchiarlo e a colpirlo con il taser. Secondo l’autopsia, le scariche sono state almeno 11. Alla fine, l’hanno portato alla Stazione di Polizia, dove è stato pestato ancora e, infine, mandato in ospedale. Al suo arrivo era morto.
E poi, peggio ancora, quando la famiglia era a casa propria, con il corpo, a spegnere le candele e a svolgere delle cerimonie, i poliziotti, orgogliosi, giravano con i taser in mano. Quindi, quell’atteggiamento della Polizia è stato la scintilla: la gente si sente oppressa, sente che la propria vita non vale nulla, ed è per questo che ieri sera è scesa in piazza.
Il primo appello è stato alle 17:00. In molti si sono radunati intorno alla Stazione di Polizia. L’atteggiamento della Polizia è stato davvero repressivo ed è così che si sono scatenate le rivolte. Qualcosa come 50 Stazioni di Polizia sono state bruciate. La Polizia ha usato questa scusa per aprire il fuoco contro la massa di persone – così, al momento, abbiamo la conferma di sette morti e 45 feriti, almeno 20 dei quali da proiettili. Hanno letteralmente ricevuto l’ordine di sparare a chi si trovava nelle strade, di sparare per uccidere. Quindi, le immagini che possiamo vedere sui social network sono davvero inquietanti: agenti di Polizia, alcuni senza uniforme, e altri civili che - non si sa se sono agenti, famiglie di poliziotti, paramilitari, o qualsiasi altra cosa - inseguire le persone lungo le strade per sparar loro.
Questo è ciò che è accaduto ieri sera, fino a tardi. In questo momento, è il 10 settembre; ci sono altre manifestazioni davanti alla Stazione di Polizia e oggi sono già state arrestate alcune persone.
— Come descriveresti la relazione tra questo e il *paro nacional dell’anno scorso?*
Allora, dobbiamo capire che in Colombia per sette anni, per dieci anni, c’è stato un costante processo di mobilitazione… L’ultimo grande episodio è stato uno sciopero generale nel novembre 2019. A causa della fine dell’anno, si è fermato, ma si pensava che sarebbe dovuto riprendere nel marzo 20201 — ma, invece, come in tutto il mondo, la gente è rimasta bloccata in casa per sei mesi, per colpa della pandemia. Quindi, c’è molta rabbia, c’è molta ira che derivano dalla frustrazione del sentimento che le persone avevano pochi mesi fa. Inoltre, queste continue mobilitazioni di contadini nelle città hanno costruito un certo tipo di tessuto sociale - pertanto, i vicini si conoscono perché hanno sbattuto le pentole insieme ogni notte per tutto il mese di novembre e parte di dicembre. Quel tessuto sociale è stato il fondamento della mobilitazione in corso, anche di ciò che sta accadendo oggi. Possiamo allora sicuramente vedere un collegamento e un crescendo da quelle situazioni.
— Qual è stato il ruolo ricoperto dagli antiautoritari nella rivolta?
Negli ultimi anni, in molte delle mobilitazioni, e soprattutto nell’ultima, lo sciopero, è stato davvero interessante - non è solo quello che qui chiamiamo la gente “organizzata” che va in piazza. “Organizzato” significa essere in una federazione anarchica, essere in un sindacato, essere in un’organizzazione di campesinos, essere in uno dei grandi movimenti sociali attivi in Colombia. Va al di là di quelle categorie. Quindi vedi il tuo vicino che non ha mai organizzato nulla, che solo per caso è contro le ingiustizie, unirsi alle proteste che un tempo erano formate solo da attivisti. È stato interessante vedere quel cambiamento, per quanto riguarda il tipo di persone che scendono in piazza - e anche gente diversa lavorare gomito a gomito, antiautoritari e persone dei movimenti sociali, dei movimenti indigeni, e vedere che tutto è legato. Nell’ultimo mese, nonostante la pandemia, movimenti indigeni, movimenti di campesinos e movimenti studenteschi si sono uniti in quella che è stata chiamata Marcia per la Dignità - da due settimane da 50 a 100 persone di diverse zone della stanno dirigendosi verso Bogotà. In molti si sono mostrati solidali. È stato un altro elemento del background.
— Vedi collegamenti tra questo e la rivolta anti-polizia negli Stati Uniti iniziata a maggio?
Possiamo sicuramente vedere un collegamento tra la rivolta in atto qui e quella vista negli Stati Uniti. Ovviamente, esiste un problema relativo al razzismo sistemico negli Stati Uniti e cosa ciò significa per i neri; Black Lives Matter e l’intero senso di quella lotta negli Stati Uniti non è esattamente lo stesso che c’è qui, anche se possiamo vedere che quelli più colpiti dall’uccisione dei leader sociali, dall’ondata di massacri che abbiamo visto nelle campagne in Colombia, sono persone indigene, sono comunità nere organizzate, che hanno un altro modo di vedere la vita, che hanno legami di comunità e hanno un altro progetto nella vita, che non è il capitalismo. Quindi ci sono collegamenti e vi sono delle differenze.
Penso però che il problema principale sia che la pandemia è solo un altro esempio a conferma del fatto che la gente non può più sopportare quel sistema e che sta davvero ribellandosi contro quella repressione. Questo è il collegamento principale, questo è ciò che si può imparare, è qui che possiamo costruire legami in termini di domande come, quale mondo stiamo sognando? Possiamo sognare, possiamo costruire un mondo in cui non abbiamo bisogno di prigioni? Possiamo costruire un mondo in cui non abbiamo bisogno dello Stato? Queste sono il tipo di domande - e questa è la base da cui possiamo costruire quei legami tra le lotte negli Stati Uniti e nel resto delle Americhe, insieme alle lotte delle comunità indigene e nere.
— Che ruolo hanno svolto i gruppi paramilitari nella repressione?
Il conflitto armato colombiano è ancora in corso. Fondamentalmente, la guerra principale contro il popolo non aveva molto a che fare con i guerriglieri delle FARC - la guerra è in realtà una guerra dello Stato contro il proprio popolo, contro il proprio territorio, perché molte comunità hanno un altro modo di vivere. Non vogliono dipendere dallo Stato, vogliono un’autonomia territoriale, vogliono avere la loro economia, che non è un’economia capitalista. Quindi, c’è una guerra in corso contro quei progetti concreti esistenti.
E questa guerra si svolge attraverso misure legali - c’è un quadro giuridico - le persone vengono detenute e arrestate, ci sono prigionieri politici, le persone sono represse dalla Polizia. Ma il paramilitarismo è una strategia da sempre utilizzata dallo Stato come mezzo per diffondere il terrore nelle campagne e compiere genocidi contro le etnie e anche contro i loro progetti, contro quel tessuto sociale. Lo stesso tessuto sociale è l’obiettivo militare della strategia paramilitare. Questo è qualcosa che è stato così profondamente intrecciato nella società colombiana per così tanti anni che non siamo stati nemmeno sorpresi di vedere i civili, ieri sera, unirsi apertamente ai poliziotti con le armi e aiutarli. Questo accade perché l’attività paramilitare è radicata nella pratica delle forze armate e della Polizia colombiana da così tanto tempo che le due sono intrinsecamente collegate.
— Cosa significa questa rivolta nel contesto più ampio dei movimenti sociali in Colombia e in Sud America?
Diverse grandi organizzazioni hanno pianificato come organizzare il ritorno dello sciopero generale. Ovvero, per il 21 settembre. Pertanto, queste rivolte, questa rivolta, è interessante che arrivi nel momento in cui tutti quelli che abbiamo visto essere calmi durante la pandemia, anche quando la situazione era decisamente insopportabile, stavano presagendo qualcosa. Per chi nelle ultime settimane è diventato senzatetto, la miseria cui è condannata una parte enorme della società è decisamente insopportabile. Quindi, tutti hanno aspettato, in attesa di una grande rivolta. È un esempio di ciò che verrà.
È un esempio di ciò che accadrà in Colombia ma è anche un esempio di ciò che accadrà nel resto del Sud America. Il Brasile si trova in una situazione terribile. Abbiamo visto cosa sta succedendo in Argentina con la Polizia che ha cercato di fare una sorta di colpo di stato ieri 9 settembre. Quindi si può notare che c’è una sorta di conflitto sociale che sta crescendo e ha a che fare con il fatto che questo sistema economico non può darci ciò di cui abbiamo bisogno. Ora, questo non significa che i risultati della rivolta e della lotta saranno pace e anarchia… Purtroppo, potrebbe anche essere il fascismo. Ma è una lotta che deve aver luogo, è una lotta che non può avvenire solo attraverso una rivolta, deve avvenire anche attraverso lo sviluppo del tessuto sociale, attraverso la creazione di legami, la costruzione di diversi tipi di progetti, diverse alternative, molte delle quali già in nostro possesso, mentre altre devono ancora essere create.
Solo per citare alcuni esempi di eventi stimolanti accaduti: durante la pandemia, le organizzazioni di campesinos che hanno percorsi autonomi hanno inviato tonnellate di cibo ai quartieri poveri di Bogotá e in altre città. Abbiamo visto esempi simili in altre parti del Sud America. E, per esempio, in alcune di queste regioni, hanno i propri sistemi di sicurezza, quindi hanno le loro guardie ma sono guardie disarmate. Per molto tempo, questa è stata una proposta delle comunità per sostituire la Polizia, per dire, sai, non abbiamo bisogno che la sorveglianza venga dallo Stato: abbiamo la nostra struttura comunitaria per garantire la sicurezza. L’intera idea delle guardie proveniente da una prospettiva indigena è totalmente diversa. Hanno un bastone ma quel bastone non viene mai usato per picchiare nessuno; è un bastone che rappresenta l’autorità collettiva, è dato a qualcuno e può essere preso da quella persona. È un’autorità che dai a qualcuno come guardia, temporaneamente ma che può essere tolta in qualsiasi momento, e questa è una responsabilità collettiva, far funzionare le guardie della comunità. Quindi abbiamo guardie indigene, abbiamo la guardia cimarrona , le guardie della comunità nera, e infine, quella che è stata chiamata la primera linea , la linea del fronte, i giovani che hanno formato linee di protezione nelle manifestazioni studentesche e nello sciopero, hanno avuto uno scambio nell’ultimo mese con la guardie delle zone rurali, per far capire a tutti quella prospettiva, per applicarla nelle città.
Le persone non stanno quindi solo partecipando a una rivolta, le persone non stanno solo combattendo contro il sistema - stanno anche immaginando e stanno creando nuovi modi e nuove prospettive per un altro tipo di società. Nonostante la rabbia che posso provare in questo momento per tutte le cose terribili che abbiamo visto accadere nelle ultime ore ma anche nelle ultime settimane - ho perso il conto, ma nell’ultimo mese e mezzo, siamo arrivati a qualcosa come 15 massacri, 60 persone sono state massacrate da soldati o paramilitari nelle aree rurali: l’ondata di violenza può portarti alla disperazione totale ma vediamo che esistono esempi stimolanti per anarchici e anti-autoritari, o per chiunque voglia vedere un mondo senza oppressione e senza Stato, ci sono cose che ci riempiono di speranza.
Ulteriori letture
Introduction to Anarchism and Resistance in Bogotá [https://it.crimethinc.com/2007/10/26/introduction-to-anarchism-and-resistance-in-bogota] (Introduzione all’anarchismo e alla resistenza a Bogotá): riassunto del contesto delle lotte sociali a Bogotà un decennio e mezzo fa, scritto da visitatori statunitensi.